sabato 25 ottobre 2008

SPETANT LA STAMPE DE “OPERA OMNIA” DI PRE ANTONI BELINE

Pre Tonin Cjapelâr nel presentare su “La Patrie” di ottobre la riedizione di “Sior Santul”, pubblicato da pre Beline nel 1976, non evita di insistere ancora sulla inopportunità di tradurre in italiano almeno alcune opere di pre Toni. Già qualche tempo fa ebbi occasione di precisare che a me personalmente non passava per la testa di suggerire una traduzione per i libri “Tiere di confin, Sior Santul, Sul at di voltâ pagjine” così ben inseriti nel linguaggio del territorio da richiedere un traduttore con doti eccezionali. Pensavo ad alcune opere meno impegnative per il vocabolario ed il linguaggio, come “Lis olmis, Lis peraulis tasudis, Il timp das domandis”, ma intense per il sentimento e l'anima universale che esprimono. Ostinarsi a tenere la sbarra abbassata più che oscurantismo mi sembra “umiliazione culturale”. Il successo della traduzione del “De profundis”, sembra non basti a convincere che il messaggio di pre Toni può essere di aiuto anche per i barbari! In ogni caso gradirei si evitasse quell'atteggiamento clericale che non consente pareri diversi, insinuando, in chi non condivide le idee di Glesie Furlane, una consapevolezza ed una coscienza dell'errore che non esiste.
Ora nella sua rubrica pre Tonin Cjapelâr ribadisce “...in tal libri “La fatica di essere prete” si cjate il pinsîr resonât ma no l'anime vive di pre Antoni”.
Sarei curioso di capire (par talian) la differenza che pre Tonin riscontra tra “pinsîr resonât” e “anime vive”. Non ha forse studiato anche lui che “nihil est in intellectu quod non fuerit prius in sensu”? Ven a stai: il pensiero ragionato é il succo di quello che si travasa dalle esperienze, come a dire che il pensiero ragionato é il meglio di quanto attraverso l'anima e il cuore, arriva alla testa!
A me sembra esagerato questo modo “de fide definitum” che presenta come un dogma, quanto non é che una opinione, più o meno condivisa, una interpretazione a posteriori sulle intenzioni presunte del caro pre Toni! Io leggo volentieri la Bibie nella versione friulana, credo che sia molto meglio di quella italiana e non penso che potrei gustarla di più se mi mettessi in testa di leggerla in ebraico, aramaico, o greco. Lo ha fatto chiaramente capire il biblista prof. Fabris in occasione della commemorazione organizzata dall'università affermando che pre Toni è stato un grande traduttore, che non ha tradito il testo.
Comunque in attesa dell' “opera omnia” (!) sponsorizzata dalla provincia, mi rileggo volentieri “Sior santul” e lo consiglio a quanti hanno un po' di dimestichezza con il friulano anche se non sono “studiâts”.

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