Mi vengono proprio dal profondo del cuore alcuni vissuti che si fanno riflessione ed espressione pubblica per contribuire con umiltà e commozione al saluto più vero, autentico e partecipato a Marino, insieme prima di tutto ai suoi familiari e poi agli amici e ai conoscenti.
Sento Marino nelle sue dimensioni essenziali che, come avviene nel paradosso della vita, anche il percorso doloroso e meditativo della malattia ha contribuito ad approfondire. Riascolto l’eco della sua umanità di adolescente e giovane della nostra montagna della Carnia, l’intelligenza intuitiva e viva che lo portava a indagare e riflettere.
Dopo diversi anni in cui il contatto diretto si era interrotto, non per motivazioni particolari, tanto meno per scelta di uno o dell’altro o di entrambi, l’ho reincontrato alcuni anni fa su quella lunghezza d’onda originaria, verificata, arricchita, portata all’essenziale dalla complessità della vita e delle sue vicende.
L’ho reincontrato mentre, insieme ai vissuti con i suoi familiari, ne intratteneva altri due particolarmente impegnativi interrogativi e interlocutori: uno con la malattia e l’altro con l’umanità, la fede, gli interrogativi di pre Toni Bellina; due riferimenti che spesso sono diventati lo stesso, proprio perché anche pre Toni ha posto in continuazione la questione della malattia, del dolore, della sofferenza come questione aperta a Dio, a Gesù di Nazaret, alla fede in Lui.
E così qualche volta l’ho incontrato in ospedale; abbiamo camminato insieme dialogando nel Centro Balducci; abbiamo insieme proposto nel giugno scorso un incontro per ricordare pre Toni, molto partecipato e vissuto con profonda intensità e commozione; abbiamo collaborato per riproporlo anche quest’anno, il 30 aprile; Marino non ha potuto partecipare perché il male aveva cominciato a dare i segni del suo sopravanzare invadente. Ho comunicato il motivo della sua assenza e invitato la folla dei presenti a tributargli un dovuto applauso di amicizia e riconoscenza; un altro altrettanto intenso è seguito alla lettura dell’intervento da lui preparato: ricco di umanità, ricco del dubbio, della fatica e insieme dell’essenza di una fede inquieta e in ricerca, essenziale, liberata dalle sovrastrutture ideologiche confessionali e clericali. Il credere e il non credere con serietà sono un’autentica impresa. Posso comunicare oggi con commozione che ho sentito quei due lunghi e caldi applausi come un saluto a Marino, come un anticipo interiore del silenzio di questa celebrazione.
Marino, una volta scoperto e incontrato pre Toni, ha sentito il dovere interiore spirituale ed etico di farne conoscere con le interviste e i libri l’umanità profonda, la sensibilità, la libertà, il coraggio, la solitudine, la lettura della vita e della storia con la Bibbia nel cuore, da lui tradotta in lingua friulana, dalla parte dei poveri, degli umili, degli ultimi, degli scartati, leggendovi le sofferenze e insieme le ricchezze umane, culturali, spirituali.
Sento e saluto con commozione e affetto Marino su questa profonda lunghezza d’onda: Marino come ricercatore di verità, di profondità, di essenzialità, di una fede che si lascia interrogare, che si interroga, che interroga… Marino che vibra nella profondità del suo essere, che deve arrendersi alla malattia che spegne le funzioni biologiche vitali, ma non spegne lo spirito, la profondità dell’essere.
Ricordo che anni fa un intellettuale, economista e poi anche politico, partito da posizioni dichiarate di non credente, via via cercando i significati profondi del vivere, soffrire e morire arrivò a celebrare nella stanza in cui morì poco dopo colpito anche lui da un tumore, l’Eucarestia con padre Balducci, Raniero La Valle ed altri… E salutò mentre le forze erano davvero ormai poche con queste parole: “Ora andrò finalmente a vedere come stanno davvero le cose.”
Mi viene spontaneo associare questo atteggiamento a Marino in questo passaggio misterioso della morte; siamo qui a ridirci sommessamente che non è verso il buio, il vuoto e l’insignificanza, ma verso una Presenza che misteriosamente ci accoglie… Esprimiamo questa fiducia non irragionevole, ma ragionevole: che anche se non sappiamo il dove e il come, questa accoglienza misteriosamente avviene e Marino, tutti i nostri cari continuano a vivere e ad accompagnarci nella nostra vita. Non si tratta di una verità dogmatica a cui aderire, bensì di una possibile apertura esistenziale a cui affidarsi.
Con stima, riconoscenza e amicizia saluto, salutiamo Marino.
(Pierluigi Di Piazza)